Il Fattori ritrovato
Articolo pubblicato sulla rivista Art leader numero sett-nov 1999Giallo Livornese: ultimo atto. Svelato il mistero del quadro ritrovato
Vi spieghiamo perché a nostro parere quell’opera è di Fattori
L’ultima mostra antologica dedicata al grande pittore dell’800 italiano Giovanni Fattori, ospitata a Livorno lo scorso giugno presso l’omonimo Museo di Villa Mimbelli, ha avuto l’incomparabile merito di esporre, in anteprima assoluta, il dipinto ritrovato casualmente nel 1994 a seguito di un intervento di restauro, sul retro della celebre tela di Fattori “Carica di cavalleria a Montebello”. Il misterioso quadro, raffigurante una scena di soggetto storico, che si è voluta
di Antonella Bocola
L’ultima mostra antologica dedicata al grande pittore dell’800 italiano Giovanni Fattori, ospitata a Livorno lo scorso giugno presso l’omonimo Museo di Villa Mimbelli, ha avuto l’incomparabile merito di esporre, in anteprima assoluta, il dipinto ritrovato casualmente nel 1994 a seguito di un intervento di restauro, sul retro della celebre tela di Fattori “Carica di cavalleria a Montebello”. Il misterioso quadro, raffigurante una scena di soggetto storico, che si è voluta

interpretare come un “Giudizio”, non è stato attribuito forse per eccesso di prudenza, dopo la “cantonata” presa da alcuni studiosi sulle teste di Modigliani alcuni anni fa.
Seguendo i nostri specifici interessi per la pittura italiana dell’800 e incuriositi dal silenzio ufficiale, ci siamo recati a Livorno per visionare direttamente l’opera e per cominciare a raccogliere il materiale documentario su cui basare una nostra ipotesi attributiva e riteniamo opportuno pubblicare oggi alcune nostre considerazioni che ci fanno sostenere l’attribuzione al maestro Giovanni Fattori.
Seguendo i nostri specifici interessi per la pittura italiana dell’800 e incuriositi dal silenzio ufficiale, ci siamo recati a Livorno per visionare direttamente l’opera e per cominciare a raccogliere il materiale documentario su cui basare una nostra ipotesi attributiva e riteniamo opportuno pubblicare oggi alcune nostre considerazioni che ci fanno sostenere l’attribuzione al maestro Giovanni Fattori.
LA NOTA AUTOGRAFA DI FATTORI E’ L’IMPRESCINDIBILE PUNTO DI PARTENZA DELL’INDAGINE |

L'opera ritrovata - L'episodio di Clarice Medici
A seguito di indagini documentarie, svolte sugli scritti certamente autografi del pittore, abbiamo riscontrato, in una “memoria” dell’artista datata 1907 e destinata al critico d’Arte Ugo Ojetti, il riferimento specifico al quadro oggetto del nostro studio e fino ad oggi ritenuto disperso.
Scrive Fattori: “(...)Stavo di studio in via della Fortezza dove vi erano altri locali per studi ed io aveva avuto la smania di fare un grande quadro su di una grande tela (allora erano apprezzate le grandi tele). Scelsi per soggetto un fatto di casa Medici, ma non ricordo ora quale. Ci era una gentildonna vestita di nero con dei bambini in toniche rosse, epoca 1500, fondo fantastico. Mi impazzavo a trovarlo e nulla concludevo. (...)”.
Scrive Fattori: “(...)Stavo di studio in via della Fortezza dove vi erano altri locali per studi ed io aveva avuto la smania di fare un grande quadro su di una grande tela (allora erano apprezzate le grandi tele). Scelsi per soggetto un fatto di casa Medici, ma non ricordo ora quale. Ci era una gentildonna vestita di nero con dei bambini in toniche rosse, epoca 1500, fondo fantastico. Mi impazzavo a trovarlo e nulla concludevo. (...)”.
E più avanti nella stessa nota: “Il Costa entrò, esaminò i miei tentativi della macchia fatti in campagna, i bozzetti, e con un certo cinismo messe gli occhi sul mio grande quadro mediceo e mi disse in romanesco: “ti imbrogliano, tu hai un paro di coglioni così, e fece atto con le mani, e non lo sai!” Mi fecero senso quelle parole e ci pensai molto(...)”.
E’ evidente dunque, che già questa nota autografa del pittore, riferita al fondamentale incontro col maestro romano Nino Costa, avvenuto nel 1859, fornisce numerosi indizi sull’opera dispersa: la figura di una gentildonna vestita di nero, intesa come protagonista della scena, è quella di fatto predominante nel quadro ritrovato, mentre il riferimento ai due “bambini” in toniche rosse può essere rivolto ai due giovinetti posti sul lato destro della composizione, alle spalle dell’anziano cardinale.
Ma fin qui nulla di nuovo, poiché già i curatori delle schede del catalogo (Dinelli e Bernardini), hanno sostenuto che il dipinto mediceo, ricordato vagamente da Fattori, potrebbe essere proprio quello oggi ritrovato, così come ne è convinto
Ma fin qui nulla di nuovo, poiché già i curatori delle schede del catalogo (Dinelli e Bernardini), hanno sostenuto che il dipinto mediceo, ricordato vagamente da Fattori, potrebbe essere proprio quello oggi ritrovato, così come ne è convinto

Il gesto perentorio di Clarice (particolare)
assertore l’ing. Piero Ungheretti, scopritore e restauratore dell’opera, che osserva - da tecnico - che la tela è tipicamente ottocentesca, di grande pregio per le sue notevoli dimensioni e dello stesso tipo di quelle usate da Fattori per altre opere importanti.
L’INDAGINE ICONOGRAFICA DIVENTA FONDAMENTALE |

Il cardinale Passerini (particolare)
Dunque la chiave di volta per sostenere l’attribuzione certa a Giovanni Fattori è da individuare nell’indagine iconografica, riferita ad un soggetto storico e relativa ad un fatto di casa Medici ambientato nel ‘500.
Ebbene le nostre ricerche hanno evidenziato che nella storia dell’illustre famiglia fiorentina c’è un episodio in particolare che ha una donna protagonista e che è databile all’epoca del ‘500. Il fatto si riferisce precisamente al 1527, anno del sacco di Roma, quando la notizia della disfatta del papa Medici, Clemente VII, fu annunziata in Firenze, allora governata dal cardinale Passerini per conto del Papa. Fu infatti una donna, Clarice Medici, che andò a riferirla in palazzo.
Ebbene le nostre ricerche hanno evidenziato che nella storia dell’illustre famiglia fiorentina c’è un episodio in particolare che ha una donna protagonista e che è databile all’epoca del ‘500. Il fatto si riferisce precisamente al 1527, anno del sacco di Roma, quando la notizia della disfatta del papa Medici, Clemente VII, fu annunziata in Firenze, allora governata dal cardinale Passerini per conto del Papa. Fu infatti una donna, Clarice Medici, che andò a riferirla in palazzo.
Questa Clarice, nipote di Lorenzo il Magnifico e sposa di Filippo Strozzi, era una donna di straordinaria energia, di grande animo e di alto ingegno. Dopo il sacco di Roma fu lei, arrivata a Firenze in lettiga, a voler parlare in Palazzo Medici di Via Larga, col cardinale Passerini, istitutore dei due giovani Medici del ramo legittimo: Ippolito e Alessandro, che il popolo chiamava senza complimenti i “bastardi” in quanto figli naturali; il primo di Giuliano Duca di Nemours e il secondo, Alessandro, nientemeno che di Giulio, al secolo papa Clemente VII.
Alessandro era molto diverso da Ippolito : aveva capelli crespi, labbra carnose, carnagione scura e i fiorentini lo avevano ribattezzato “il Moro”. In ogni caso Clarice, Medici del ramo legittimo e legittima fino in fondo, disprezzava profondamente tanto il grazioso Ippolito quanto il brutto Alessandro, e al cardinale Passerini ordinò di andarsene da Firenze assieme a quei suoi due pupilli. Infatti a lei si attribuiscono le terribili parole: “Fuori i muli di Casa Medici”.
Alessandro era molto diverso da Ippolito : aveva capelli crespi, labbra carnose, carnagione scura e i fiorentini lo avevano ribattezzato “il Moro”. In ogni caso Clarice, Medici del ramo legittimo e legittima fino in fondo, disprezzava profondamente tanto il grazioso Ippolito quanto il brutto Alessandro, e al cardinale Passerini ordinò di andarsene da Firenze assieme a quei suoi due pupilli. Infatti a lei si attribuiscono le terribili parole: “Fuori i muli di Casa Medici”.
Alla luce di questo chiarimento iconografico, possiamo affermare che nel quadro ritrovato e oggetto della nostra analisi vi sono tutti i personaggi citati dalla storia : Clarice Medici, che scaccia con gesto perentorio il Cardinale Passerini e i due “bastardi” di Firenze, è nel nostro quadro la figura centrale della composizione. Il vecchio prelato, accasciato e sconsolato sulla poltrona, che riceve l’ordine dalla donna, è il cardinale Passerini, protettore dei due giovinetti. Infine i due “bastardi”, definiti l’uno grazioso e l’altro moro, sono i due giovani (all’epoca del fatto avevano entrambi 16 anni) alle spalle del Cardinale, ritratti con atteggiamento rassegnato al loro destino. Un gruppo di astanti sulla sinistra chiude la composizione ambientata in un interno “fantastico” di tipo fiorentino.

I due bastardi di Firenze (particolare)
LE FONTI LETTERARIE DI FATTORI E L’ANALISI STILISTICA CONFERMANO LA TEORIA |

Maria Stuarda al campo di Cookstone
(opera comparativa)
Infine aggiungiamo l’analisi stilistica del dipinto ritrovato, compiuta attraverso comparazioni con i saggi accademici del pittore e con le poche opere di soggetto storico da lui dipinte tra il 1856 e il 1859 ed in particolare con il quadro “Maria Stuarda al campo di Cookstone”.
L’analisi di quest’opera, l’unica finora di una certa importanza del periodo di formazione di Fattori, ci aiuta a comprendere sommariamente il suo tirocinio di pittore di storia, e consente di cogliere diverse analogie col dipinto in esame e precisamente:
1) la solidità dell’impianto compositivo; che è evidente anche nell’opera ritrovata;
2) la cura e al dovizia dei particolari; che compaiono
L’analisi di quest’opera, l’unica finora di una certa importanza del periodo di formazione di Fattori, ci aiuta a comprendere sommariamente il suo tirocinio di pittore di storia, e consente di cogliere diverse analogie col dipinto in esame e precisamente:
1) la solidità dell’impianto compositivo; che è evidente anche nell’opera ritrovata;
2) la cura e al dovizia dei particolari; che compaiono
anche nel nostro quadro sebbene lasciato allo stato di abbozzo;
3) un certo modo di disporre le luci al fine di creare contrasti netti tra chiari e scuri, presente, con la medesima forza tonale, anche nell’opera attribuita.
Il personalissimo modus operandi di Fattori nella disposizione delle luci e dei contrasti, crediamo sia la più evidente “firma pittorica” del giovane maestro livornese.
Naturalmente non mancano i riferimenti alla scuola di Enrico Pollastrini che infatti di Fattori fu maestro, ma è da escludere che si tratti di una tela “d’occasione” ricevuta in dono, perché Fattori, sempre rispettoso del lavoro altrui, non avrebbe mai coperto un quadro di altri.
Verosimilmente, dopo l’incontro rivelatore con il Costa che ci consente anche di datare il dipinto al 1859, il pittore pensò di riutilizzare la grande e costosa tela sull’altro verso, per realizzare uno dei suoi primi capolavori del nuovo corso pittorico, nascondendo, con uno spesso strato di vernice, quel quadro “mediceo” che lo aveva tormentato a lungo e che gli ricordava una strada ormai del tutto superata. L’opera riscoperta oggi, appare comunque degna di grande rispetto e rivela il coraggio artistico di Fattori, capace di cancellare un quadro portato già oltre lo stato di abbozzo, per ricominciare da zero la sua nuova, grande avventura pittorica.
Bibliografia consultata:
A.A.V.V. - Storia d’Italia - vol. VII - Fabbri Editori
De Micheli Mario - Giovanni Fattori - Ed. Bramante - 1961
Dini Piero e Francesca (a cura di ) - Giovanni Fattori Epistolario edito e inedito - Ed. Il Torchio - Fi
Durbé D. Bonagura C. (a cura di) - Fattori dal noviziato sotto il Bezzuoli alla Macchia - Roma 1981
Durbé Dario e Vera (a cura di ) - La giovinezza di Fattori - De Luca Ed. - Roma
Errico Francesco (a cura di ) - Scritti autobiografici editi e inediti - De Luca Ed. - Roma
Guerrazzi Francesco Domenico - L’assedio di Firenze - Adriano Salani Ed. - Firenze
Masini Lara Vinca - Giovanni Fattori - Edizioni d’Arte il Fiorino - Firenze
Micheletti Emma - Le donne dei Medici - Sansoni Editore
3) un certo modo di disporre le luci al fine di creare contrasti netti tra chiari e scuri, presente, con la medesima forza tonale, anche nell’opera attribuita.
Il personalissimo modus operandi di Fattori nella disposizione delle luci e dei contrasti, crediamo sia la più evidente “firma pittorica” del giovane maestro livornese.
LA DATAZIONE, I RIFEIRMENTI E LE OVVIE CONLCUSIONI |
Verosimilmente, dopo l’incontro rivelatore con il Costa che ci consente anche di datare il dipinto al 1859, il pittore pensò di riutilizzare la grande e costosa tela sull’altro verso, per realizzare uno dei suoi primi capolavori del nuovo corso pittorico, nascondendo, con uno spesso strato di vernice, quel quadro “mediceo” che lo aveva tormentato a lungo e che gli ricordava una strada ormai del tutto superata. L’opera riscoperta oggi, appare comunque degna di grande rispetto e rivela il coraggio artistico di Fattori, capace di cancellare un quadro portato già oltre lo stato di abbozzo, per ricominciare da zero la sua nuova, grande avventura pittorica.
Bibliografia consultata:
A.A.V.V. - Storia d’Italia - vol. VII - Fabbri Editori
De Micheli Mario - Giovanni Fattori - Ed. Bramante - 1961
Dini Piero e Francesca (a cura di ) - Giovanni Fattori Epistolario edito e inedito - Ed. Il Torchio - Fi
Durbé D. Bonagura C. (a cura di) - Fattori dal noviziato sotto il Bezzuoli alla Macchia - Roma 1981
Durbé Dario e Vera (a cura di ) - La giovinezza di Fattori - De Luca Ed. - Roma
Errico Francesco (a cura di ) - Scritti autobiografici editi e inediti - De Luca Ed. - Roma
Guerrazzi Francesco Domenico - L’assedio di Firenze - Adriano Salani Ed. - Firenze
Masini Lara Vinca - Giovanni Fattori - Edizioni d’Arte il Fiorino - Firenze
Micheletti Emma - Le donne dei Medici - Sansoni Editore
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