L’ABC del perito d’arte

Intervista tecnica alla Prof.ssa Bocola

D – Le rivolgiamo alcune domande, prettamente tecniche ed attinenti al suo lavoro, al fine di far capire al lettore alcune caratteristiche del linguaggio tecnico di un esperto d’arte. Ad esempio, che cosa è il sistema pinacologico a luce radente?
R - E’ un esame tecnico che serve per esaminare un dipinto con lo scopo di ottenere nuove informazioni e indagare lo stato di conservazione e la tecnica con la quale è stato eseguito . Consiste nell’illuminare con un fascio di luce radente la superficie pittorica. Per luce radente si intende un fascio luminoso parallelo alla superficie o formante con questa un angolo molto ridotto. E’ necessario che il fascio
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sia ben delimitato in modo da aumentare il contrasto fra le zone illuminate e quelle in ombra. In tal modo tutti i difetti della superficie vengono accentuati. L’analisi mette in risalto la pastosità della pennellata, l’uso della spatola. Nei dipinti su tela evidenzia eventuali tensioni o allentamenti della tela dovuti a variazioni climatiche o instabilità del telaio e le impronte lasciate sulla tela dagli angoli interni e dalle traverse del telaio. Nei dipinti su tavola l’esame evidenzia curvature, distorsioni, congiunzioni di pannelli, imbarcature.
Questo esame è utile anche per verificare se vi sono tracce di un precedente supporto (nel caso il dipinto sia stato intelaiato o trasportato su tavola) e lo schiacciamento degli impasti in caso di rifoderatura della tela. La luce radente può anche rivelare la presenza di uno strato pittorico sottostante alla superficie visibile che può essere rivelatore di pentimenti pittorici oppure di rutilizzazione di un dipinto come supporto per una nuova opera. L’esame a luce radente facilita lo studio della tecnica di un pittore specie quando il colore è steso ad impasto, perché fa risaltare le caratteristiche della pennellata: rilievo, direzione, curvatura. L’andamento della pennellata rivela gli aspetti dello stile e la qualità di un pittore quando sia possibile il confronto con opere certe dell’artista in esame.

D – Che cosa è la lampada di Wood?
R - La lampada di Wood scoperta dal fisico americano Robert William Wood nel 1913 è detta anche lampada U.V. e si basa sull’impiego di una radiazione ultravioletta di particolare lunghezza d’onda (3660 Angstrom). Quando una sostanza è colpita da questa radiazione emette una fluorescenza, cioè emana una luminescenza che è caratteristica per ciascuna sostanza. Ciò è dovuto al fatto che atomi e molecole della sostanza quando sono colpiti dalla radiazione, che è energia, la assorbono e perciò entrano in uno stato di agitazione emettendo energia sotto forma di luce. La fluorescenza si distingue dalla fosforescenza ( anche questo fenomeno che comporta l’emissione di luce) perché i materiali fluorescenti cessano di essere luminosi al cassare dello stimolo che ne determina la luminosità, invece i materiali fosforescenti continuano ad emettere luce per un certo periodo anche dopo la fine dello stimolo. La lampada di Wood si presenta con un tubo fluorescente di colore viola scuro quasi nero, che emette una fioca luce di colore viola scuro ed una certa quantità di raggi ultravioletti invisibili all’occhio umano.

D – In cosa consiste l’esame con la lampada di Wood?
R - Proiettando un fascio di raggi uv sulla superficie di un dipinto in un ambiente semibuio, potremo osservare come alcune parti di esso si illuminino mentre altre rimangano scure. Questo è dovuto al fenomeno fisico della fluorescenza ultravioletta nel campo del visibile, cioè alla proprietà che hanno alcune sostanze di illuminarsi quando vengono colpite dai raggi uv. Con i raggi U.V. si possono evidenziare scritte offuscate (con l'ultravioletto riflesso) o successivi ritocchi e ridipinture che appaiono come macchie più scure e più opache rispetto alla policromia originale (con la fluorescenza). Le vernici originali appaiono generalmente come uno strato lattiginoso semitrasparente ma, poiché vi sono alcune vernici la cui fluorescenza impedisce l'esame degli strati sottostanti, i dipinti vengono spesso sverniciati prima dell'esame coni raggi U.V. Tra i metodi di esame dei dipinti la fluorescenza all'ultravioletto (uv) è sicuramente uno dei più apprezzati e diffusi. Questa tecnica è utilizzata principalmente nella fase di accertamento dello stato di degrado dell'opera e, più in particolare, nella verifica dell'esistenza e dell'estensione delle parti non originali del tessuto pittorico. Le differenti luminosità (fluorescenza) osservabili su un dipinto 'illuminato' da una lampada uv sono in funzione non solo della composizione chimica delle varie sostanze che costituiscono la vernice protettiva e gli strati pittorici ma variano anche in base al tempo che è trascorso da quando questi materiali sono stati applicati. Infatti, con l'invecchiamento si formano fra leganti e pigmenti delle reazioni chimiche che rendono questi composti più fluorescenti, mentre le reintegrazioni pittoriche più recenti dove queste reazioni non hanno potuto aver luogo appaiono come macchie opache (meno fluorescenti). Anche le firme e le date dovranno essere osservate con attenzione in fluorescenza uv poiché ogni alterazione, modifica o aggiunta può essere resa ben evidente.

D – Che cosa è una firma apocrifa?
R - Si dice firma apocrifa quella lasciata da una mano diversa da quella dell’autore indicato quindi una firma non autentica.

D – Cosa si intende per un quadro di recente fattura?
R - La recente fattura vuol dire che a seguito delle analisi tecniche e d i laboratorio effettuate la materia pittorica risulta essere più recente rispetto agli anni operativi dell’artista in esame, quindi non c’è compatibilità temporale tra l’età della materia pittorica e il periodo di produzione dell’artista.

D – Quali sono gli esami tecnici e di laboratorio effettuati di solito su un’opera d’arte?
R - Ogni accertamento di autenticità deve iniziare con esami ed analisi per stabilire se l’età del dipinto, i materiali e le tecniche usate sono compatibili con quelle usate dall’artista e col suo periodo di azione. Anzitutto si osserva la superficie pittorica con la lente di ingrandimento per studiare la patina, la crettatura, la tela, la grossezza dei pigmenti ed altre caratteristiche sia dello strato pittorico che del supporto (tavola, tela, cartone, carta). Si osserva la trama della tela, le eventuali iscrizioni presenti sul telaio o nel retro delle opere, il tipo e la disposizione dei chiodi. Si osserva particolarmente la firma che sembrerebbe il dettaglio più facile da imitare ma in realtà ha una sua impostazione grafologica che è unica per ogni artista e che il Perito di professione è abituato a conoscere. Quindi si passa all’esame con luce radente e poi a quello con la lampada di Wood per accertare l’epoca, gli eventuali restauri, le abrasioni i ritocchi pittorici, le firme apposte e quindi non coeve.
Infine all’esame iconografico, compositivo e stilistico che si basa su una serie di raffronti e comparazioni con opere sicuramente certe di un determinato artista al fine di individuare le caratteristiche salienti dello stile. Il perito deve conoscere le tecniche e i segreti di cui l’artista preso in esame si è avvalso, tecniche che possono essere anche cambiate nel corso degli anni attraverso evoluzioni o involuzioni stilistiche che hanno caratterizzato i diversi periodi della sua produzione.